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Montecatini - Società generale per l'industria mineraria e chimica

Firenze 1888 - 1966

La società Montecatini fonda le sue origini nelle miniere di rame di Montecatini Val di Cecina (Pisa).
Le prime testimonianze documentarie di sfruttamento del sito risalgono al 1469. Dopo un lungo periodo di chiusura l'attività estrattiva riprese ad opera della Società di industria mineraria, fondata nel 1827 da Luigi Porte, Sebastiano Kleiber e Giacomo Luigi Leblanc; la direzione dei lavori era affidata a Augusto Schneider, ingegnere minerario di Freiberg (Sassonia), che l'avrebbe mantenuta fino al 1873. Nel 1836 la società si sciolse e la proprietà passò ai fratelli Orazio e Alfredo Hall (eredi di Kleiber), cui si andarono aggiungendo l'inglese Francesco Giuseppe Sloane, Pietro Igino Coppi, il conte Demetrio Boutourline; questi ne assunse il controllo nel 1873; contemporaneamente Aroldo Schneider succedeva al padre nella direzione locale; nel 1883 la miniera passò nuovamente di mano, pervenendo a Giovanni Battista Serpieri e alla sua società, con sede a Parigi.
Il 26 marzo 1888 venne fondata a Firenze la Società anonima delle miniere di Montecatini; presidente era lo stesso Serpieri e vicepresidente il banchiere parigino Jules Rostand. Gli anni successivi videro numerosi spostamenti di sede della società (Firenze, Roma, Livorno, Milano), alterne vicende produttive, la diversificazione dei siti e dei prodotti estratti. Nel 1900 la società veniva iscritta nel listino ufficiale della Borsa valori di Milano, mentre nel 1907 venne chiusa la miniera di Montecatini Val di Cecina, anche se la cessazione definitiva delle attività sarebbe avvenuta solo nel 1963.
Il 1910 portò rilevanti svolte nella vita della società: l'assorbimento dell'importante azienda Unione Piriti e la nomina ad amministratore delegato di Guido Donegani, che avrebbe rappresentato la società fino al termine del II conflitto mondiale.
A partire dal 1913 la società si orientò chiaramente da un lato verso il settore chimico e dall'altro verso quello zolfifero, acquisendo alcune partecipazioni azionarie rilevanti che portarono al controllo diretto od indiretto di una capacità produttiva che, nel 1917, era pari alla metà circa della produzione nazionale di zolfo. Al termine della prima guerra mondiale, la Montecatini era divenuta di fatto la società dominante nel settore minerario italiano, con attività che andavano dalle piriti al rame, allo zolfo, ai combustibili fossili nazionali (ligniti); all'inizio degli anni Venti veniva inoltre raggiunto il pieno controllo del settore dei prodotti chimici per l'agricoltura (perfosfati, acido solforico, solfato di rame). Tra il 1921 ed il 1927 la Montecatini allargò il proprio raggio d'azione da un lato verso l'elettrochimica e dall'altro, con l'acquisizione della maggioranza azionaria della Dinamite Nobel e della Società Esplodenti e Prodotti Chimici, verso la produzione di esplosivi; sviluppi, questi, che rendevano la Montecatini il maggior gruppo chimico italiano alla vigilia della « grande crisi » del 1929. All'inizio degli anni Trenta, con l'acquisizione delle Aziende chimiche nazionali associate (ACNA), avvenuta in seguito al crollo del gruppo Italgas, la Montecatini fece il proprio ingresso nel campo della chimica organica.
Nel 1931 acquistò le miniere di Brosso (Torino).
Nel 1928 la Montecatini aveva rilevato lo stabilimento di Piano d'Orta (Bolognano - PE), realizzato dalla Società italiana di elettrochimica ad inizio secolo e passato successivamente alla Società italiana per la fabbricazione dei prodotti azotati - Sipa e alla Società marchigiana di concimi e prodotti chimici.
La nuova proprietà diede avvio a un piano di potenziamento e a un processo di diversificazione della produzione: ai prodotti chimici si affiancarono, infatti, l'industria pesante, l'industria della carta e le produzioni belliche. Negli anni Trenta il polo elettrochimico abruzzese, ormai centro di importanza nazionale insieme con gli impianti di Bussi (Pescara), fu scelto quale sede della Delegazione interprovinciale per le fabbricazioni di guerra, con compiti in materia di assunzione di personale tecnico e di maestranze da impiegare negli stabilimenti dichiarati ausiliari. L'importanza di questo stabilimento si sarebbe accresciuta durante la II guerra mondiale; il complesso produttivo sarebbe stato occupato dai tedeschi e bombardato dagli alleati, con ingenti danni che si aggiungevano alla perdita di grosse quantità di materie prime e prodotti finiti, inviati in Germania. Lo stabilimento di Piano d'Orta sarebbe stato chiuso nel 1965.
Nell'espansione della Montecatini non vanno dimenticati i ruoli giocati dalle banche (a partire dagli interessi bancari e finaziari francesi delle origini, per continuare con l'appoggio costante della Banca commerciale italiana di Toeplitz ) e dal potere politico. Il rapporto fra quest'ultimo e la società si era andato instaurando a partire dagli anni '20, con l'elezione di Donegani nelle liste del Partito fascista e il suo sostegno a Mussolini nel 1924, consolidato con reciproco interesse nel ventennio successivo, dalla partecipazione alla "battaglia del grano" alla conquista della posizione predominante nel settore dei prodotti chimici per l'agricoltura, al salvataggio di aziende e unità produttive su sollecitazione del potere politico, e non contraddetto dalla nascita dell'Istituto per la ricostruzione industriale (IRI). La fine della seconda guerra mondiale segnò l'allontanamento di Guido Donegani dalla direzione dell'azienda.
L'estensione delle attività al settore della raffinazione del petrolio, avviata negli anni '30-'40 con la partecipazione alla fondazione dell'Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili (A.N.I.C.), proseguì nel dopoguerra con l'apertura a Ferrara, negli anni '50, del primo complesso petrolchimico europeo. Se da un lato venivano cedute all'ENI le quote di partecipazione all'ANIC, dall'altro la società si impegnava nella ricerca e l'utilizzo dei derivati del petrolio. Risale al 1961 il prodotto più noto al grande pubblico e più carico di ricadute sociali, oltre che scientifiche e merceologiche: la Montecatini sfruttò la scoperta, avvenuta ad opera di Giulio Natta nel 1954, del propilene isotattico. Il nuovo materiale plastico venne messo in produzione, attraverso le società controllate Polymer di Terni e Montesud di Brindisi, e commercializzato con il nome Moplen (da "Montecatini Propilene"); la sua rapida diffusione, promossa da una campagna pubblicitaria televisiva realizzata dall'agenzia TTC, ne avrebbe fatto un simbolo della modernizzazione delle famiglie italiane e del boom economico.
Le condizioni, tutt'altro che floride, della Montecatini, consigliarono però prima la fusione con la SADE (1964) e, poco più tardi, la costituzione, insieme alla Shell, della società Monteshell, destinata a rilevare gli stabilimenti petrolchimici di Ferrara e di Brindisi; nel 1966, la fusione della Montecatini con un altro grande gruppo industriale italiano, la Edison, diede vita al «colosso» Montedison.
Nel 1967 la società Montecatini veniva cancellata dal listino ufficiale della Borsa di Milano.

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